Al suo secondo lungometraggio Klaudia Reynicke riesce a descrivere con grande empatia e una straordinaria attenzione al dettaglio l’autoreclusione di una donna le cui ragioni vengono in parte scoperte nel corso della vicenda. Lo può fare grazie alla prestazione di Barbara Giordano che si cala fisicamente ma anche psicologicamente in un personaggio complesso che la macchina da presa è impegnata a scrutare da vicino quasi senza lasciargli tregua.