Gli assassini penetrati nel palazzo vengono uccisi da Bayan e Byamba, uno dei figli illegittimi del Khan, ma Kublai rimane gravemente ferito, e i timori circa la sua sopravvivenza agitano la reggia. Bayan non ha dubbi su chi siano gli aggressori: si tratta di Hashashin. Jingim, assunte momentaneamente le veci del padre, rifiuta di credere a tale ipotesi, dal momento che gli Hashashin sarebbero già stati sterminati diverso tempo prima da suo zio Hulagu Khan, ma Marco suggerisce che potrebbe effettivamente trattarsi di loro, e convince il principe ad inviarlo presso il villaggio di Khochkar, dove si dice che l’ordine sia solito ricevere le richieste di omicidio. Kokachin, venuta a sapere della missione, esorta Marco ad approfittare del viaggio lontano da Khanbalik per tentare la fuga, ma il suo appello rimane inascoltato, anche perché Marco è consapevole del fatto che la sorte del padre e dello zio dipende tanto dalla sopravvivenza del Khan quanto dall’esito di questo incarico. Mentre Marco e Byamba sono in viaggio, a Khanbalik Ahmed cerca di convincere Jingim a sfruttare il tentato assassinio come pretesto per dichiarare guerra ai Song, anche in ragione del fatto che lo sterminio dell’ambasceria organizzata dall’imperatrice vedova ha ufficialmente mandato in fumo l’accordo di pace, ma il principe decide di prendere tempo. Arrivati a Kochkar, Marco e Byamba riescono effettivamente ad entrare in contatto con gli Hashashin, dal quale apprendono che in realtà l’omicidio non è stato commissionato dai Song, ma da qualcuno, la cui identità è tuttavia ignota, che invece si trova molto vicino a Kublai: in altre parole, qualcuno dei suoi fedelissimi. Tornati a Khanbalik, i due fanno rapporto ad un Khan nel frattempo ristabilitosi, il quale li esorta a mantenere il segreto circa la loro scoperta per evitare di allarmare il traditore. Infine, come suggerito da Kublai, Marco decide la sorte del padre e dello zio ancora incarcerati, e di propria mano li marchia a fuoco come ladri.